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I comici italiani più famosi nel mondo

Il cinema italiano è da sempre stato caratterizzato dagli attori comici. Le loro figure riflesse sugli schermi hanno contraddistinto non solo l’epoca della socialità nella domenica pomeriggio al cinema o il sabato nelle piazze, come ricorderanno tanti nonni italiani; hanno sospinto a piene mani soprattutto la diffusione della televisione nelle case del Belpaese. In questo post del blog di “Teach me Italian” vogliamo sottolineare l’impatto avuto da alcuni interpreti grazie soprattutto alla naturalezza che li ha contraddistinti sullo schermo e all’impronta dialettale che per anni ha rappresentato un trait d’union tra larghe maglie della popolazione, specie quella più rurale proveniente dalle “periferie” d’Italia, e quella borghesia divertita e talvolta sbeffeggiata proprio sul grande schermo.

Non possiamo che partire da Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, in arte conosciuto come Totò. Con Totò siamo di fronte al più grande attore comico della storia, capace di far apprezzare ai più scettici l’invettiva napoletana: quella capacità di saper ridere anche delle proprie miserie e di risollevarsi senza mai piangersi addosso.

Geniale e immediato, Totò ha raffigurato l'animo irrequieto del cinema italiano. In lui la forza della mimica facciale muta si fondeva con il gioco di parole, con la spiccata e distinguibile gestualità e con il valore della maschera grottesca abilmente impersonificata. I suoi film hanno definito l'arte dell'arrangiarsi – si pensi a Miseria e Nobiltà - grazie a un guizzo comico che elogiava l'improvvisazione e raccontava con ironia i sogni del popolo a cavallo tra neorealismo e inizi del genere della commedia all’italiana.

L’arte della commedia napoletana riproposta su scala nazionale non può che incoronare un altro interprete di assoluto livello nel cinema ma ancor prima nel teatro: Edoardo De Filippo. Simbolo culturale del Novecento, il drammaturgo napoletano ha vissuto soprattutto di palcoscenici di legno sui quali potersi esibire.

Luoghi prediletti per raccontate dall'interno la miseria e la bellezza della dimensione familiare e popolare, senza tralasciare superstizione e religione. Un intellettuale dal carattere spigoloso come il suo volto, scavato eppure pieno di amarezza. L'oro di Napoli, nel quale De Filippo interpreta un professore che dispensa consigli e riesce a scovare la poesia anche dentro una pernacchia, una delle sue magistrali interpretazioni. Ma il capolavoro vero e proprio lasciato alla commedia italiana porta nome e cognome ben definiti di una numerosa famiglia napoletana divisa tra il rispetto delle tradizioni volute da un padre anziano e l’innovazione chiesta dall’amato figlio, che di fare il presepe proprio non ne vuole sapere: Natale in casa Cupiello. Una diapositiva della realtà italiana a cavallo tra gli anni ‘30 e ‘40 del Novecento.

Potremmo citare anche Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, solo per citare alcuni mostri sacri che hanno calcato i palcoscenici cinematografici più importanti non solo d’Italia ma anche del mondo, raccontando anche loro l’italianità attraverso i regionalismi, in questo caso spiccati quelli laziali. MA l’ultimo attore sul quale ci concentreremo è invece Vittorio De Sica.

Scendere per le strade, denunciare il vero attraverso il vero, riprendere il tragico e poi digerirlo attraverso il comico. Questo e molto altro è stato opera di Vittorio De Sica, primo divo del cinema italiano e conosciuto anche in ambito internazionale per la sua verve e il fascino che ne hanno contraddistinto la sua presenza sulle scene. Un successo ottenuto non solo da attore ma anche da regista, tra presa di coscienza del Neorealismo e reazione della commedia all'italiana. La sua bella presenza e il portamento fiero sono state le costanti conferme di una grande compostezza, sempre concessa ai suoi personaggi e meno presente nella sua vita privata fatta di scappatelle in giro per il mondo. Una delle scene più emblematiche del cinema nostrano lo immortala con la splendida Sophia Loren in una scena cult di Pane, amore e..., dove il movimento del corpo e le espressioni raccontano di mostri sacri della cinematografia che pagano lo scotto della nostalgia alle produzioni appartenenti alla contemporaneità.


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